II Lamezia Jazz Festival, che si tiene nell’omonima città calabrese, è giunto alla IX edizione. Anche quest’anno la direzione artistica è stata affidata a Egidio Ventura che si adopera a promuovere il Jazz in Calabria anche come musicista. Il cartellone proposto è davvero interessante e non meno importante degli anni passati nei quali, il comune di Lamezia Terme insieme all’associazione Musicale Bequadro, ha ospitato artisti del calibro di Stanley Jordan, Scott Henderson, Billy Cobham, Jeff Berlin, Toots Thielemans, Mingus Dynasty, Kenny Barron, Archie Shepp, Paolo Fresu, Enrico Rava e Jerry Bergonzi. Oltre ai concerti il festival prevede percorsi di ascolto guidato e workshop. Inoltre, come Egidio Ventura ci ha raccontato durante una breve ma intensa intervista, hanno realizzato una banca dati utile a contattare, in funzione del tipo di appuntamento che si va a realizzare, solo le persone interessate.
Tornando agli artisti presenti quest’anno la Mike Stern Band – esibitasi il 9 novembre 2011 – ha registrato il tutto esaurito all’accogliente Teatro Politeama di Sambiase. Il pubblico, proveniente dalle diverse regioni del Sud Italia e di età eterogenee, è stato accomunato dalla passione per la musica. Calate le luci si sente un “Hellooo!” di Mike Stern che riesce a rompere la tensione creatasi.
Dopo aver accordato gli strumenti si parte con l’energico tocco delicato di Stern,tipico del suo “Fat Time“carico di groove. I suoi fraseggi blues scherzosi ricalcano molto il suo modo di esser sempre positivo e sorridente. Nel vederlo suonare si rimane colpiti dal fatto che non riesca a stare fermo. Ogni sua nota, ogni suo passaggio viene sottolineato da un movimento del corpo che diventa tutt’uno con la sua musica. Quest’onda d’energia travolge il pubblico del Politeama che ricambia creando un circolo virtuoso con la band. In questo clima, dove ognuno si sente libero di suonare quello che sente dentro, nascono momenti in cui i musicisti chiudono gli occhi e danno il meglio di loro stessi. Stern, ad esempio, oltre ai fraseggi cromatici e al suo pivoting armonico tira fuori dei passaggi in sweep picking mai sentiti. Dave Weckl fa tremare il Politeama con i suoi fills e riesce a sbalordire per la sua capacità di incastrare dei tempi impossibili su Chatter. La grandezza di questi musicisti può esser apprezzata non solo per le indiscutibili doti tecniche ma anche per i salti nel vuoto che fa l’ascoltatore nel passare da un brano all’altro. Ad esempio Avenue Bevoca una camminata nel desertocherilassal’orecchio dell’ascoltatore allontanandolo dal brano precedente. Tale scelta nella scaletta è risultata vincente perché ha mantenuto vivo l’interesse del pubblico che ha apprezzato il sound del gruppo manifestandolo con diverse standing ovation.
Nel mezzo della serata sono rimasti sul palco solo Mike Stern e Dave Weckl. Quest’ultimo ha suonato la batteria con le dita come se fosse un set di percussioni; il risultato è stato unico. Il suono del rullante senza la cordiera, dal retrogusto medio-orientale, ha reso fertile il terreno su cui si è avventurata la chitarra di Stern. Di seguito hanno suonato brani come What Might Have Beenil cui tema, suonato e cantato da Stern, harallentato il battito cardiaco dei presenti lasciando un po’ di malinconia nella sala. Poi un altro brano in cui il chitarrista di Boston ha cantato e suonato il tema riuscendo a emulare il suono del wah-wah. Impossibile non fare riferimento ad uno dei suoi chitarristi d’infanzia, Hendrix. Infine Big Neighborhoodche ha scatenato il pubblico del Politeama. Il sound è stato talmente compatto e carico che se in quel momento fosse arrivato uno spettatore avrebbe confuso la Mike Stern Band con i Led Zeppelin.
Si ringrazia il direttore artistico Egidio Ventura per la sua disponibilità e il fotografo Ennio Stranieri dell’agenzia Europa 1 per gli scatti forniti.
fonte http://www.jazzitalia.net/iocero/MikeSternband.asp#.YBs1p-hKiUk