“Se non sai suonare Giant Steps non puoi suonare jazz”

“Se non sai suonare Giant Steps non puoi suonare jazz

Questa frase la sento dire da anni ed in effetti credo che il concetto sia un po vero.

Infatti questo brano racchiude l’essenza del jazz quando si parla di modulazioni ed essere in grado di suonare sugli accordi e non conosco nessun bravo musicista di jazz che non sia in grado di suonarla.

Concettualmente il brano presenta come unica progressione il 2-5-1 (II-V-I)

Il fatto è che questi cambi di accordi e tonalità sono sviluppati per terze maggiori prima discendenti poi ascendenti creando un triangolo armonico con cambi molto veloci. Il problema nasce appunto dalla velocità dei cambi e dal fatto che la triangolazione delle tre tonalità equidistanti all’inizio  confonde e ci si perde facilmente.

Analisi del brano

Intanto, se ancora abbiamo dei dubbi, andiamo a ripassare il circolo delle quinte e tutte le tonalità con diesis e bemolli

In questo video preso da una lezione in conservatorio spiego passo per passo che cosa succede armonicamente e come il chorus sia costruito sulla geometria utilizzando tre tonalità costruite sulle terze maggiori, il che vuol dire, dividere i 12 semitoni in 3 parti uguali

 

Come studiarla

Consiglio di studiare una modulazione per volta e di non suonare subito tutto il brano.

Si può appunto partire dal BMaj7  e proseguire con il V-I di G fermandoci al G per ripartire da capo.

Lo suoniamo in un unica posizione utilizzando  dal 1° al 5° tasto,  poi ci spostiamo su altri 5 tasti dal 3° al 7° fino al terzo blocco tra 6° e 10°. Prendiamo dimestichezza, acceleriamo gradatamente e poi passiamo al G  Bb7 | EbMaj7 |  Facciamo lo stesso lavoro poi uniamo le due parti appena studiate e studiamo le prime 4 misure. Andiamo avanti cosi per qualche giorno e quando siamo in grado di suonare questi frammenti senza problemi almeno a 140/150 bpm  andiamo avanti a completare tutto il brano lavorando sempre a settori del manico. Questo ci serve a non fossilizzarci solo su alcune posizioni conosciute e ci costringe anche a pensare su tutta la tastiera. Data la difficoltà del brano, dobbiamo utilizzare tutte le potenzialità del manico per sviluppare un bel fraseggio.

 

Storia

La registrazione originale da il titolo all’album registrato nel 1960 e vede John Coltrane (sax tenore), Paul Chambers (contrabbasso), Tommy Flanagan (piano), e Art Taylor (batteria)

Consiglio l’ascolto anche delle versioni di Michael Brecker, Bob MintzerPat Metheny, Buddy Rich, Jaco Pastorius, Mike Stern, Scott Henderson